
La lunga sotria del gioca quando e dove vuoi (parte 1)
Ciascun figuro che abiti questo od altro mondo ed osi definirsi videogiocatore, non può non essere mai entrato in contatto con una di quelle avveniristiche periferiche che rispondono al nome di console portatili.
La storia dei videogiochi, si sa, l'han scritta le console fisse, il cui volume di utenza è sempre stato altissimo. Tuttavia, tra le mani di questi nerd, casual, hardcore, bimbiminkia e compagnia bella, nel corso degli anni sono scorse console portatili sempre più avanzate, che hanno dato il via a quella che è, tuttora, una nuova dimensione dell'intrattenimento videoludico: quella riportata nel titolo (Eh, proprio così; mi scoccia riscriverlo. Problemi?).
Basta prese di corrente. Basta controller. Basta attese interminabili in sala giochi. Tutto l'occorrente era una pila e la capacità motoria necessario per spostare la levetta d'accensione su ON e… BUM! Dritti sparati a giocare!
Al giorno d'oggi, i più... sì insomma, i BM... associano a queste macchine prodigiose le sigle DS e PSP (quest'ultima seguita da un "SONY rulez" di qualche Sonaro incallito), ma le precedenti generazioni sanno che, nella storia delle console portatili, se ne sono viste di cotte e di crude.
Per parlare infatti di "portatile" bisogna tornare al lontano 1979, quando Smith Engineering e Nintendo lanciarono sul mercato il Milton Bradley Microvision. In realtà altro non era che un "supporto coi tasti", in quanto microprocessore e schermo erano implementate nelle cartucce. Lo scarso parco giochi a disposizione segnò velocemente la fine di questa periferica.
Nello stesso periodo Nintendo, il cui team di sviluppo era cappeggiato dal grande Gunpey Yokoi, portò avanti lo sviluppo di una console portatile, il cui avvento sul mercato avrebbe lasciato un segno perenne: il Game Boy. Uscito nel 1989, grazie a un'ottima affidabilità e a una concorrenza nel campo praticamente assente ("e grazie al kurtz allora…" direte voi), il Game Boy riscosse un successo strepitoso, con un numero incredibile di copie vendute. I punti forti di questo gioiello furono non solo l'estrema (per l'epoca ovviamente) portabilità, ma anche il vastissimo (anche questo per l'epoca) parco giochi disponibile, tra cui spiccava Tetris, che fece da killer application alla console vendendo oltre 25 milioni di unità e rendendo il Game Boy la portatile più venduta in assoluto.
Il povero Yokoi, purtroppo, nonostante la Nintendo dovesse principalmente a lui il merito di questa console, fu buttato da parte come uno zerbino dopo il flop del Virtual Boy (altro progetto a cui si era dedicato), ma essendo fortunatamente uno di quei Jap coi controcoglioni, e non si arrese. Dopo aver fondato la KOTO Laboratory, strinse accordi con Bandai e iniziò a progettare una console che sarebbe stata rivoluzionaria e che, con un po' di fortuna, avrebbe spiazzato la concorrenza Nintendo: il Wonderswan. Tuttavia, oltre all'andamento Darwiniano del mercato che lascia raramente spazio alle "piccole imprese", si aggiunse la tragica morte di Yokoi nel '97, che costrinse Bandai a procedere a rilento nello sviluppo, dando vita al Wonderswan solo nel 1999 -un anno dopo che Nintendo aveva letteralmente rincarato la dose con il suo Game Boy Color. Nonostante le potenzialità di molto superiori alla macchina Nintendo, la console Bandai, con le sue 3 edizioni, un capolavoro di processore a 16 bit (contro gli 8 del Game Boy) e delle edizioni limitate esclusive, tra cui quelle per i primi 2 episodi di Final Fantasy, non riuscì mai a varcare le soglie del Giappone.
La versione in technicolor del Game Boy invece continuò a vendere a ritmo frenetico, grazie alla disponibilità in più di 10 colori diversi e agli accessori prodotti da terzi e dalla stessa Nintendo per la console, tra cui la Game Boy Camera e la Game Boy Printer (una vera e ria mini stampante) .
Anche qui il parco giochi ebbe la sua importanza; in particolare per un certo titolo della Game Freak -che spedì la Nintendo letteralmente in orbita…
La serie dei Pokemon ebbe un successo a dir poco strepitoso, e fu sicuramente uno dei fattori principali dell'incredibile numero di vendite della console. I sei episodi usciti per il Color poi, a cui si affiancarono poi vere e proprie limited edition di Game Boy, andarono letteralmente via come il pane.
Non è un caso che Nintendo, notato il boom di vendite, si concentrò in un progetto che soddisfacesse anche questa marea di utenti "Pokemon-addicted"; quindi, nello stesso anno d'uscita del Game Boy Advance, rilasciò il Pokemon Mini, una minuscola console che funzionava con apposite minischede e che, nonostante un parco di soli 4 giochi dedicati esclusivamente ai Pokemon, ottenne un discreto successo.
Tuttavia la vita cominciava a non essere più così facile come all'inizio per Nintendo...
Continua nella parte 2
Orignal From: Videogame History: le console portatili (1)
Nessun commento:
Posta un commento